domenica 23 ottobre 2022

Fili di condivisione a cura di Marvi del Pozzo: "Si resta sempre altrove" di Stefano Vitale (Puntoacapo 2022)

 Fili di condivisione è la nuova breve rubrica a scadenza variabile che  intende accompagnare gli autori già in precedenza presentati in Letture condivise, segnalandone i lavori ulteriori. Come si sa, la poesia crea legami misteriosi e profondi che perseverano nel tempo. Oltre che rispondere a un desiderio di completezza informativa, la rubrica intende mantenere un filo di condivisione e di consolidamento di rapporto umano e artistico tra autore e lettore.

            Marvi del Pozzo

 

Stefano Vitale

Si resta sempre altrove

puntoacapo 2022

 

 È uscito all’inizio dell’anno, con prefazione di Alessandro Fo e postfazione di Alfredo Rienzi, l’ultimo libro di poesia di Stefano Vitale, Si resta sempre altrove, puntoacapo edizioni.

È già mirabile circostanza che appaiano, affiancate nella stessa opera, tre tra le più alte voci poetiche italiane attuali, peraltro voci anche critiche tra le più sensibili e attente proprio perché, a parer mio, in grado di percepire e sentire ‘da poeta’ le verità sofferte e coinvolgenti di altri autori.

Il libro di Vitale, come i suoi precedenti ma in modo ancora più intenso e maturo, è espressione di ‘poesia pensante’, da me quanto mai apprezzata perché il misurarsi con l’alterità, con le problematiche dell’esistenza – superando la propria individualità di singolo, sempre presentato come punto di avvio di ricerca e di canto, ma mai presente nei testi in modo egocentrico – mi fanno amare questo libro, anche come esempio alto di poesia civile, partecipata, sofferta, com’è alla ricerca del senso ultimo dell’esistere in tutta la complessa dialettica tra essere e non essere, esistere e scomparire, essere qui e contemporaneamente già un po’ altrove. [Alessandro Fo]

È un libro che ha ottenuto in pochi mesi numerosissime e notevoli critiche, destinato a sicuri successi. Lo segnalo, in modo forse poco tempestivo, ma con grande partecipazione personale.

 


Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: "Il giardino di Sophia" di Sophia de Mello Breyner Andresen (Il ramo e la foglia 2022) - Parte II

Oggi, nella seconda parte di Letture condivise dedicata alla poetessa portoghese Sophia de Mello Breyner Andresen, parliamo della vena lirica, forse l’aspetto più congeniale al suo spirito creativo, quella che rappresenta per l’autrice l’estrinsecazione più intensa e sincera del suo essere al mondo, quella che nell’immediato arriva al lettore, il quale può ritrovarsi – ovviamente in modo più o meno rilevante a seconda della sua personalità – fino a condividere il senso di pienezza e di gioia vitale che esplode nei versi.

Mi sono domandata la causa di questo particolare coinvolgimento emotivo, relativamente a testi che trattano di temi concreti: natura, paesaggi per lo più marini, giardini, case del passato, vegetazioni al limitare della spiaggia. Non c’è certamente originalità di tematica: versi su paesaggi e natura sono stati scritti e letti a iosa. Eppure il risultato qui è sorprendente. Che cosa ci offre Sophia di tanto diverso da consentire in noi non solo il coinvolgimento emotivo, ma una forma di predisposizione all’immedesimazione?

Ho avuto la risposta grazie a un’illuminazione originata dalla lettura dell’intervista su Robinson di Repubblica del 13 agosto 2022 condotta da Antonio Gnoli a Valerio Magrelli, anzi proprio dal titolo dell’articolo: La poesia va liberata da gabbiani e tramonti. In realtà Magrelli si riferisce alla sua battaglia contro gabbiani e tramonti, visti sotto l’aspetto espressivo e linguistico, simboli di quel ‘poetare’, di cui parlava già Sanguineti, da bandire del tutto da una poesia contemporanea, in cui ogni terminologia deve essere concreta, colloquiale, aderente ai tempi nuovi. Ma questa non è una novità dall’epoca dei Futuristi e di Marinetti, potenziale assassino del chiaro di luna. Non è questo il punto.

A me ha aperto il velo non il discorso linguistico di Magrelli, quanto l’aspetto tematico e, anzi, l’uso originale che di tale tematica consueta Sophia fa. In che senso infatti lei parla di natura e, paradossalmente, si libera da ogni romanticheria di gabbiani e tramonti?  È questa la questione. Rileggendo alcune sue poesie mi è balenata la risposta: non c’è mai in Sophia una natura precisa, raccontata. Non descrive mai. I suoi sono cenni, in fondo indeterminati, quasi a definire un concetto astrattamente vago, come un’idea platonica che noi lettori riempiamo, dando un nostro significato simbolico, allegorico o anche concreto, sulla base delle nostre singole vicende, ma sotto l’esempio che l’autrice ha compiuto e compie per noi, facendoci oscillare tra concretezza della vita e vaghezza delle aspirazioni, del rimpianto indistinto, di nostalgie imprecisate e imprecisabili. Siamo nel campo della vita reale, ma circondati in fondo dalla poeticità dell’indeterminato. L’autrice ci dà un esempio di come l’arte possa fare parte delle esperienze di vita ‘normale’, quotidiana direi, col suo fascio di eventi di gioia, di sensualità, di pena, di dolore umano. Si tratta di dare alle cose, alla natura, ai paesaggi, quell’anima che essi hanno sottesa e che si fonde con la nostra, se il poeta si fa interprete per noi. Sophia quindi, pur senza volere, insegna agli altri a cogliere queste realtà, a proiettarle e ad amplificarle all’interno di noi lettori.

Questa, secondo me, è la caratteristica precipua di Sophia e la sua peculiarità è proprio quella capacità di trasferirla a noi con incredibile semplicità espressiva (Magrelli la loderebbe!), ma con una grazia artistica e umana che ci allarga il cuore e ci fa intuire una volta di più il miracolo della connessione della poesia ‘alta’ con ogni aspetto, anche ‘basso’, del vivere. Il reale appare concreto ma sfumato: con pochi cenni si arriva allo spirito delle cose nel rifiuto di descrizioni particolareggiate, francamente superflue, anzi limitanti. Dalla fisicità alla metafisica, dalla concretezza del reale alla trascendenza.

 

Passando ai testi poetici di Sophia de Mello Breyner Andresen, sono tutti tratti dal volume citato: Il giardino di Sophia, Il ramo e la foglia 2022, curato da Roberto Maggiani, ad eccezione dei primi due tratti dalla raccolta Poesia del 1944 che, incontrati sul mio cammino in un portoghese estremamente limpido e chiaro, tradussi agevolmente per me e qui riporto.

 

                        Da Poesia, 1944

 

SENZA TITOLO

Talora penso di vedere nei miei occhi

La promessa di altri esseri

Che avrei potuto essere stata

Se la vita fosse stata altra.

Ma da questa favolistica scoperta

Mi provengono solo terrore e dispiacere

Di sentirmi senza forma, indefinita

Come l’acqua.

 

***

CASA BIANCA

Casa bianca di fronte al mare immenso

Col tuo giardino di sabbia e fiori marini

E il tuo silenzio intatto in cui riposa

Il miracolo delle cose che erano mie.

Da te ritornerò dopo l’incerto

Calore di tanti gesti ricevuti

Passati i tumulti e il deserto

Baciati i fantasmi, percorsi

I mormorii di terra indefinita.

In te rinascerò in un mondo mio

E la redenzione avverrà nelle tue linee

Dove nulla è andato perduto

Del miracolo delle cose che erano mie.

 

Da Il giardino di Sophia, 2022

 

MARE SONORO

Mare sonoro, mare senza fondo mare senza fine,

La tua bellezza aumenta quando siamo soli

E così in profondità intimamente la tua voce

Segue il più segreto danzare del mio sogno,

Che ci sono momenti in cui suppongo

Tu sia un miracolo creato solo per me.

 

***

QUANDO

Quando il mio corpo marcirà e io sarò morta

Continueranno il giardino, il cielo e il mare,

E come oggi ugualmente balleranno

Le quattro stagioni alla mia porta.

 

Altri in aprile passeranno nel frutteto

In cui tante volte sono passata io,

Ci saranno lunghi ponenti sopra il mare,

Altri ameranno le cose che io ho amato.

 

Sarà lo stesso splendore, la stessa festa,

Sarà lo stesso giardino alla mia porta,

E i capelli dorati della foresta,

Come se io non fossi morta.

 

***

Io parlo della prima libertà

Del primo giorno che era mare e luce

Danza, brezza, ramaglie e segreti

E un primo amore morto così presto

Che in tutto ciò che era vivo si incarnava.

 

***

NEL TEMPO DIVISO

E ora o dèi che cosa vi dirò di me?

Sere inerti muoiono nel giardino.

Mi dimentico di voi e senza memoria

Cammino nei sentieri dove il tempo

Come un mostro divora se stesso.

 

Per finire tre poesie, lapidarie e incisive, sulla figura del poeta e sul significato della poesia. Secondo lo stile caratteristico dell’autrice, troviamo realtà e trasfigurazione, previsione ed evocatività, calibrate in forma di rigorosa, classica armonia.

 

I POETI

Solitari pilastri dei cieli pesanti,

Poeti nudi in sangue, o lacerati

Annunciatori del mondo

Che la presenza delle cose ha devastato;

Gesto di forma in forma vagabondo

Che mai in un destino si è placato.

 

***

IL POETA

Il poeta è uguale al giardino delle statue

Al profumo dell'estate che si perde nel vento

È arrivato senza che gli altri mai, lo vedessero

E le sue parole hanno divorato il tempo.

 

***

NELLA POESIA

Trasferire il quadro il muro la brezza

Il fiore il bicchiere la lucentezza del legno

E la fredda e vergine liquidità dell'acqua

Nel mondo della poesia limpido e rigoroso

 

Preservare da decadenza morte e rovina

L'istante reale di apparizione e di sorpresa

Guardare in un mondo chiaro

Il gesto chiaro della mano toccando la tavola

 

 

domenica 18 settembre 2022

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: "Il giardino di Sophia" di Sophia de Mello Breyner Andresen (Il ramo e la foglia 2022) Parte I

foto di Inês Gonçalves
Riprendo dopo l’estate la rubrica Letture condivise sovvertendo l’ordine previsto degli autori da presentare, perché stimolata dal momento politico-sociale del nostro paese. Dopo la crisi governativa nel cuore di luglio, tra una decina di giorni si andrà alle urne, ancora in periodo di ferie, di vacanze protratte, di disimpegno (in linea di massima anche legittimo). Siamo comunque tutti chiamati, con coscienza come non mai, al voto: si tratta di assumerci la responsabilità in proprio, di chiarirci quale possibile corso dare ai numerosi e multiformi problemi del paese. In questo momento storico noi, come popolo e come singoli votanti, non possiamo moralmente crearci alibi. Una cosa sola ci è richiesta: essere responsabili del nostro voto, ovviamente qualunque sia la scelta libera di esso.

Allora, e qui vengo al punto che ci interessa, la figura e la poesia di Sophia de Mello diventano determinanti. La sua è una presenza poco conosciuta nel nostro paese: io stessa mi preparavo a presentarla, soprattutto come interessa sostanzialmente a me,  dal punto di vista letterario, strettamente stilistico e poetico: parlarvi della sua limpidezza formale, della sua linguistica chiarezza, semplice e incisiva, quale sua cifra distintiva. Pensavo di comunicarvi la sua poetica fatta di sguardi reali sul mondo, da cui emerge una poesia personale e oggettiva insieme, un desiderio di bellezza che è anche di rigore e verità. 

Come scrisse l’autrice stessa, l’opera d’arte fa parte del reale: è destino, realizzazione, salvezza e vita… perciò la poesia è una morale… e il senso della giustizia è da sempre una coordinata fondamentale dell’opera poetica. Nel teatro greco, per esempio, il tema della giustizia è il respiro stesso delle parole, perché si confonde con quell’equilibrio delle cose, con quell’ordine del mondo con cui il poeta vuole integrare il suo canto. Dice infatti il coro di Eschilo: “nessuna muraglia difenderà colui che, ebbro della propria ricchezza, deruba l’altare sacro della giustizia”. Forse questo termine ‘giustizia’ è analogo a quell’amore di Dante che muove il sole e le altre stelle, si confonde con la nostra fiducia nell’evoluzione dell’uomo, con la nostra fede nell’Universo…

Queste parole di Sophia, riportate nelle pagine 120-125 di questo bellissimo libro tradotto e curato da Roberto Maggiani, appena edito nel maggio di quest’anno, fanno parte della postfazione dell’autrice alla seconda edizione di Livro sexto 1984 (Arte Poetica III).

Sugli aspetti poetico-estetico-civili di Sophia, che pure sono l’oggetto primo di Letture condivise e ne qualificano il senso, parleremo diffusamente nel prossimo articolo (tra una ventina di giorni, al massimo), visto che ho deciso, per l’attualità del problema e dell’imminenza della nostra chiamata elettorale, di proporre in due puntate  la trattazione di quest’autrice e anticipare ad oggi il suo pensiero sul senso e sulla funzione di un poeta all’interno della società civile. Dalle parole chi vi ho citato di Sophia e per le poesie che vi presenterò oggi, risulterà chiaro quanto poco ella pontifichi astrattamente sulle teorie sociopolitiche e su questioni di lana caprina e quanto, invece, la sua parola-bisturi, semplice e precisa, trovi la via più esplicita e diretta per entrare nell’animo altrui in modo autenticamente costruttivo.

Intanto qualche notizia biografica:

Sophia de Mello Breyner Andresen, portoghese, nacque a Porto nel 1919 da agiata famiglia e morì a Lisbona nel 2004. Dal padre, che come si evince dal cognome Andresen era di origine danese, fu educata secondo principi di cattolicesimo liberale e all’Università di Lisbona, ove studiò Filologia classica, fu leader del movimento universitario cattolico. Sposata al giornalista Francisco Souza Tavares dal 1946 ebbe da lui cinque figli (tra cui lo scrittore Miguel Souza Tavares).  Amante della classicità greco-romana, viaggiò a lungo sulle orme della cultura del passato e incominciò ad essere conosciuta in particolare per i suoi libri di poesia a metà degli anni Sessanta con Livro sexto, pubblicato nel 1962  e premiato dalla Società Portoghese degli Scrittori col Gran Premio della Poesia nel 1964.

È in questo volume di versi che trovano voce testi critici sulla politica portoghese del tempo. Il governo di Antonio Salazar fu in pratica la forma del Fascismo portoghese: autoritario, corporativista. Ministro delle Finanze dal 1928 e Primo Ministro dal ’32, Salazar fu a capo della più lunga dittatura europea del XX secolo, dal ’32 al’68. Di fronte alla censura, alla persecuzione di socialisti, comunisti, obiettori di fronte all’intenso sfruttamento colonialista, al sistema repressivo della polizia politica verso i contrari al regime, c’è sempre con fermezza e coraggio anche Sophia, che sottoscrive il Manifesto dos 101 in cui 101 importanti figure pubbliche del paese, in particolare i cattolici progressisti, criticano le politiche interne e coloniali di Salazar.

In particolare, ciò che mi interessa sottolineare al di là delle diverse situazioni storico-politiche fra i nostri paesi (per fortuna del tutto incommensurabili) è il pensiero dell’autrice sul ruolo del poeta, che deve dimostrare anche con i suoi scritti, ma soprattutto con la propria coerenza personale un impegno attivo: la figura del poeta, attraverso la depurazione più completa del proprio vocabolario, può e deve farsi portavoce della richiesta di giustizia di chi non ha voce, secondo un binomio ‘justiça-justeza’, dove il primo termine indica la giustizia degli uomini e con ‘justeza’ si intende l’esattezza della parola poetica. Estremamente chiarificatore in tal senso è un articolo pubblicato da Sophia nel giugno 1963 sulla rivista O Tempo e o Modo interamente dedicato al ruolo dell’artista all’interno della società: Esiste un'unità della verità. Colui che ricerca una relazione giusta con il mare, con la pietra, con l'albero, contribuisce a una relazione più giusta tra gli uomini. Ognuno ha i suoi termini, le sue strade. Uno parlerà di scogliere e vento, un altro parlerà di città e lacrime. Ma, visto che la poesia è la nostra esplicazione dell'universo e la nostra più intima implicazione nella realtà, ci sono temi a cui nessun poeta può restare indifferente. [ ... ] Il poeta non si limita a raccontare e a cantare il mondo. Lo modifica, anche. [ ... ]Non è possibile purificare le parole senza purificare anche la relazione dell'uomo con la realtà [ ... ]Per il poeta la poesia è una maniera di salvare se stesso e gli altri. E questa ricerca di salvezza non può essere distinta dalla ricerca di una forma concreta e pratica di giustizia.

Ho riportato queste notizie su Sophia dalla eccellente postfazione dell’acuto studioso di letteratura portoghese, dell’Università di Tor Vergata, Claudio Trognoni, che qui non trasferisce solo il suo sapere ai lettori, ma li stimola mediante una sapiente e appassionata scrittura a conoscere più in profondità l’autrice, a penetrarne maggiormente l’anima, insieme con la poesia.

Vi lascio – finalmente! – alla lettura di alcuni testi civili di Sophia de Mello, che volutamente non commento ora, permettendo quindi ai versi di esporsi in toto e ai lettori di costruirsene un’idea personale assolutamente libera. Del resto la poesia parla da sola.  È la sua peculiarità.

Nel prossimo articolo, sempre su questa poetessa, analizzeremo concretamente tematiche e stili. La sua è una scrittura calibrata ma intensa, tale da creare relazioni vere tra uomo e uomo, tra uomo e natura, tra passato e presente, tra scrittore e lettore. Senza contorcimenti verbali, senza sovrastrutture della mente. Cosa rara ai nostri giorni.

Ci dedicheremo, nella prossima lettura condivisa, a temi più leggeri, di olimpico classico respiro, di coinvolgente apollinea bellezza. Di fronte allo splendore del mondo, al mare e alle spiagge dell’Algarve, ai colori di madre natura, Sophia si incanta e si rallegra con passione, per dirla con parole sue, ma è la stessa persona ingenuamente creatura che, di fronte alla sofferenza del mondo si ribella con passione. E continua, sempre nella postfazione al Livro sexto già citata, non accettiamo la fatalità del male. Come Antigone: “sono colei che non ha imparato a cedere ai disastri”. C’è un desiderio di rigore e verità che è intrinseco all’intima struttura del poema e che non può accettare un ordine falso.

L’artista in ogni tempo, attraverso le sue opere, influenza la vita degli altri, anche solo per il fatto del suo rigore nella ricerca di verità e di responsabilizzazione, contribuirà alla formazione di una coscienza comune. Il poeta per Sophia de Mello, e non solo per lei fortunatamente, è l’erede della libertà e della dignità dell’essere. Forse non sempre noi ce lo ricordiamo.  È più comodo abdicare e pensare, come dice Guicciardini, al nostro ‘particulare’, anche se in momenti di rara lucidità ci ritroviamo amareggiati o in crisi con noi stessi.

                       

Da Mare nuovo, 1958

 

NAUFRAGO

Ora oscilli morto

Al gusto delle correnti

Con meduse invece di pupille.

 

Ora regni tra immagini pure

In paesi trasparenti e di vetro,

Senza cuore e senza memoria

Diluito in tutte le presenze.

 

Ora liberato dimori

Nella  pausa bianca dei poemi.

E il tuo corpo sale e scende in ogni onda,

Senza nome e senza destino

Nella limpidezza dell'acqua.

 

Da Il Cristo gitano, 1961

 

PATRIA

Per un paese di pietra e vento forte

Per un paese di luce perfetta e chiara

Per il nero della terra e per il bianco del muro

 

Per i volti di silenzio e di pazienza

Che la miseria lungamente ha disegnato

Rasente alle ossa con tutta l'esattezza

Di una lunga relazione irrecusabile

 

E per i visi uguali al sole e al vento

 

E per la limpidezza delle tanto amate

Parole sempre dette con passione

Per il colore e per il peso delle parole

Per il concreto silenzio limpido delle parole

Da dove si ergono le cose nominate

Per la nudità delle parole abbagliate

 

– Pietra fiume vento casa

Pianto giorno canto ardore

Spazio radice e acqua

O mia patria e mio centro

 

Mi duole la luna mi singhiozza il mare

E l'esilio s'inscrive in pieno tempo

 

 

***

IL VECCHIO AVVOLTOIO

Il vecchio avvoltoio è saggio e liscia le sue penne

Il putridume gli aggrada e i suoi discorsi

Hanno il dono di rendere le anime più piccole

 

Da Il nome delle cose, 1977

 

25 DI APRILE*

Questa è l'alba che attendevo

Il giorno iniziale intero e limpido

In cui emergiamo dalla notte e dal silenzio

E liberi abitiamo la sostanza del tempo

 

*Anche per il Portogallo, come per l’Italia, il 25 aprile segna la libertà. Il 25 aprile 1974, con la cosiddetta Rivoluzione dei garofani, si è ripristinata la democrazia mediante un colpo di stato militare incruento, da parte delle forze armate più progressiste. Segue un periodo, tuttavia, di aspre lotte politiche

 

***

RIVOLUZIONE

Come casa pulita

Come pavimento spazzato

Come porta aperta

 

Come puro inizio

Come tempo nuovo

Senza macchia né vizio

 

Come la voce del mare

Interiore di un popolo

 

Come pagina in bianco

Dove la poesia emerge

 

Come architettura

Dell'uomo che erige

La propria abitazione

                        (27 aprile 1974)

 

***

CON FURIA E RABBIA

Con furia e rabbia accuso il demagogo

E il suo capitalismo di parole

 

Ebbene bisogna sapere che la parola è sacra

Che da lontano molto lontano un popolo l'ha portata

E in essa ha posto la sua anima confidente

 

Da lontano molto lontano fin dall'inizio

L'uomo ha saputo di sé attraverso la parola

E ha nominato la pietra il fiore l'acqua

E tutto è emerso perché egli ha detto

 

Con furia e rabbia accuso il demagogo

Che si promuove all'ombra della parola

E della parola fa potere e gioco

E trasforma le parole in moneta

Come si è fatto con il grano e con la terra

                                   (giugno 1974)

 

Da Navigazioni, 1983

 

DERIVA

III

Nudi si bagnarono in grandi spiagge lisce

Altri si perdettero nel repentino azzurro dei temporali

                                                           (1982)

mercoledì 3 agosto 2022

Laurent Grison: poesie e pitture contro la guerra - traduzione di Viviane Ciampi


Laurent Grison - Guerra (Ucraina 2022) - pittura - 2022

 

Guerre (Ukraine 2022)

 

on dit trouver la mort

on ne dit pas trouver la vie

la vie on la donne ou on la perd

 

 

Guerra (Ucraina 2022)

 

si dice trovare la morte

non si dice trovare la vita

la vita o la si dà o la si perde

 

 

 

 

Laurent Grison - Esilio - pittura - 2022

 

Exil

 

retenir ce qui file

sur le chemin de l’exil

 

ne rien oublier

ne rien effacer

 

se souvenir

des moindres choses du passé

 

les dessiner sur le sol

avec une craie

 

joindre tous les filaments

pour ne pas les égarer

 

parti de là

arrivé ici

 

les routes de l’existence

sont parallèles

 

les lignes se frôlent

sans se croiser

 

fibres longues

de la matière sensible

 

brins tordus

jusqu’à hurler

 

fil de soie

courbe

 

fil de soi

vrille

 

résister

à l’entaille

 

recoudre les accrocs

qui font mal

 

exil/exils

exils/exil

 

solitude

dans la multitude

 

rejet de l’un

rencontre de l’autre

 

parfois un homme tombe

comme un oiseau aveuglé

 

voulant vaincre

le vide

 

l’esprit s’éloigne

mais il reste la lumière

 

étrange ailleurs

(si loin)

 

ailleurs étrange

(si proche)

 

conscience

de l’ici-bas

 

ne jamais

renoncer

 

chanter

le grand voyage

 

dans une langue singulière

comme une voix intestine

 

tisser patiemment

l’existence

 

une maille à l’endroit

une maille à l’envers

 

ne pas oublier

ce qui a été

 

le mouvement

désordonné

 

d’un papillon fou

fuyant le chasseur

 

la chute

est le grand danger

 

délier

le temps absent

 

quand les racines

sommeillent

 

le véritable exil

est intérieur

 

la vie dit-on

ne tient qu’à un fil

 

un fil d’encre noire

sur la page blanche

 

effiler le temps

défier les jours

 

retenir le cri

de l’effroi

 

pour vivre

le présent

 

Esilio

 

trattenere ciò che fila

sul sentiero dell’esilio

 

non dimenticare nulla

non cancellare nulla

 

ricordarsi

delle cose più insignificanti del passato

 

disegnarle sul suolo

con un gesso

 

unire tutti i filamenti

affinché non si smarriscano

 

partito da lì

arrivato qui

 

le strade dell’esistenza

sono parallele

 

le linee si sfiorano

senza incrociarsi

 

lunghe fibre

della materia sensibile

 

filamenti ritorti

fino a urlare

 

filo di seta

curva

 

filo del sé

punta

 

resistere

allo squarcio

 

ricucire gli strappi

che fanno male

 

esilio/esili

esili/esilio

 

solitudine

nella moltitudine

 

rigetto dell’uno

incontro dell’altro

 

talvolta un uomo cade

come un uccello accecato

 

che vuole sfidare

il vuoto

 

lo spirito s’allontana

ma rimane la luce

 

strano altrove

(così lontano)

 

altrove strano

(così vicino)

 

coscienza

del quaggiù

 

non mai

rinunziare

 

cantare

il grande viaggio

 

in una lingua singolare

come una voce interna

 

tessere con calma

l’esistenza

 

un punto dritto

uno a rovescio

 

non dimenticare

ciò che è stato

 

il movimento

disordinato

 

d’una farfalla impazzita

che fugge dal cacciatore

 

la caduta

è il grande pericolo

 

snodare

il tempo assente

 

quando le radici

sonnecchiano

 

il vero esilio

è nell’intimo

 

la vita dicono

è appesa a un filo

 

un filo d’inchiostro nero

sulla pagina bianca

 

sfrangiare il tempo

sfidare i giorni

 

trattenere il grido

di terrore

 

per vivere

il presente

 

 

Laurent Grison è scrittore, storico dell’arte e critico. I suoi testi, tradotti in diverse lingue, sono pubblicati in Francia e all’estero. Dedica gran parte della sua vita alla poesia e all’arte. Intreccia le forme della creazione, lavora regolarmente con artisti (pittori, fotografi, musicisti, attori, ballerini, performer…). Appassionato di musica, pratica anche le arti plastiche. È membro di varie associazioni internationazionali di scrittori e critici tra cui la Maison des écrivains et de la littérature (Francia), The Poetry Society (Regno Unito), il P.E.N. Club français, l’Association Internationale de la Critique Littéraire nonché l’Association Internationale des Critiques d’Art.

 

 

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